La progettazione della tartufaia dovrebbe essere fatta da un esperto del settore perchè, come dicevamo, ogni dettaglio deve essere analizzato e pianificato a dovere.
Per prima cosa il tecnico dovrà visitare il sito dell’impianto per analizzare attentamente l’ambiente ed il territorio circostante; dovranno essere visitati anche i boschi più vicini per classificare le specie spontanee presenti in natura, sia “simbionti” che non. Anche le specie cosiddette “comari” sono importanti per capire la vocazione della zona.
Altra cosa importante è capire se in zona vi sia o meno la presenza di tartufaie naturali e se sì di quale specie; questo aspetto sarà possibile valutarlo visitando la zona con tartufai esperti o chiedendo ai “trifolau” locali.
Dopo la visita diretta il tecnico classificherà la zona dal punto di vista climatico (analizzando soprattutto temperature minime e massime e piovosità annuale) e dal punto di vista geologico; per quest’ultimo aspetto torneranno utili delle analisi di base del terreno, per valutare almeno i parametri principali (pH e carbonato di calcio totale e subile in primis, ma anche scheletro, granulometria, sostanza organica, rapporto carbonio/azoto) oltre che ad un’analisi delle cartine geologiche di riferimento per risalire alla natura del terreno e della roccia madre.
Con questi primi dati in mano sarà possibile capire la vocazione tartuficola della zona e determinare se il terreno in oggetto può essere utilizzato o meno per la coltivazione dei tartufi.
La scelta delle piante e della specie del tartufo
Siamo arrivati quindi ad avere un quadro abbastanza completo del sito di impianto, con dei parametri in mano che ci consentiranno di capire se può essere utilizzato per la tartuficoltura. A questo punto ci troviamo di fronte ad una scelta molto importante per il futuro dell’impianto; difatti dovremo andare a determinare la pianta tartufigena e la specie di tartufo più adatta al nostro territorio con la quale dovrà essere micorrizata.
In genere il terreno favorevole allo sviluppo delle principali specie di tartufo è prevalentemente calcareo, permeabile, con valori abbastanza equilibrati di sabbia, limo ed argilla (granulometria) ed a reazione sub-alcalina/alcalina. Ma è anche vero che non tutti i tartufi hanno esigenze ambientali simili fra di loro.
Per quanto riguarda la specie vegetale, c’è da dire che i tartufi mostrano una certa preferenza nei riguardi di una o più piante simbionti. Quindi non tutte le piante potranno essere utilizzate per questo nostro scopo. In generale sono comunque sempre da preferire quelle piante simbionti che si possono ritrovare, in quello specifico ambiente, anche allo stato naturale, così da non alterare molto il paesaggio e massimizzare le probabilità di riuscita dell’impianto (una determinata specie vegetale che cresce spontaneamente anche in natura è una pianta che, molto probabilmente, ha trovato in quel particolare ambiente il suo habitat ideale di crescita).
Fra le piante che si possono utilizzare con successo in tartuficoltura vi sono la Roverella, il Cerro, la Farnia, il Leccio, il Nocciolo, il Carpino nero, il Carpino bianco, il Tiglio, il Pino domestico, il Pino d’Aleppo, il Faggio, il Cisto rosso, il Salice ed il Pioppo. Non tutte queste specie possono però entrare in simbiosi con tutte le tipologie di tartufo interessanti per la tartuficoltura. Infatti Salice e Pioppo possono entrare in simbiosi con Tuber macrosporum (Tartufo Nero Liscio) e Tuber magnatum (Tartufo Bianco Pregiato), il Pino domestico con Tuber aestivum (Tartufo Nero Estivo o Scorzone) e Tuber borchii (Tartufo Bianchetto o Marzuolo), il Faggio con Tuber aestivum f. uncinatum (Tartufo Uncinato) e Tuber mesentericum (Tartufo Nero Ordinario o di Bagnoli); Roverella, Carpino nero e Nocciolo possono invece entrare in simbiosi con praticamente tutte le specie di tartufo, come Tuber melanosporum (Tartufo Nero Pregiato), Tuber aestivum, Tuber brumale (Tartufo Nero Invernale), Tuber borchii, etc.
Una volta determinate le tipologie di piante simbionti e la specie di tartufo con la quale dovranno essere micorrizate si può optare per una coltivazione in purezza (cioè dando la preferenza ad una sola specie vegetale) o per una consociazione di più specie. La scelta dovrà essere effettuata in relazione alle condizioni ambientali ed allo scopo dell’impianto. Difatti vi sono piante più precoci che entrano prima in produzione (come Pino domestico, Nocciolo e Carpino) ma che esauriscono la propria produttività più velocemente e piante più tardive che invece necessitano di più anni per entrare in produzione (come Leccio, Cerro e Roverella) ma che sono caratterizzate da una longevità di lungo superiore alle altre.
La scelta della densità e del sesto d’impianto
Stabilite le specie vegetali ed il tartufo che più si adatta alle nostre caratteristiche ambientali, non ci resta che determinare la densità di coltivazione (quindi il numero di piante per unità di superficie) ed il sesto d’impianto (cioè la distanza fra una pianta e l’altra). Anche qui le possibilità possono essere diverse e la scelta dovrà essere effettuata in base alla tipologia di pianta scelta, alle esigenze del tartufo da coltivare (soprattutto in termini di ombreggiamento/insolazione) ed alle caratteristiche del sito di impianto.
In generale si può affermare che il sesto d’impianto può essere in quadro o a quinconce e che la distanza fra una pianta ed un’altra può andare da un minimo di 3 metri x 3 metri fino ad un massimo di 7-8 o anche 10 metri. Fra le piante che possono essere utilizzate con i sesti di impianto più stretti vi è il Nocciolo, il Salice ed il Cisto rosso, mentre quelle piante che possono arrivare ad avere esigenze di sesti di impianto anche molto larghi c’è il Tiglio, il Pino domestico e la Farnia.