Una volta effettuato l’impianto, la nuova tartufaia necessiterà di alcune operazioni colturali durante l’anno, che – se correttamente effettuate – aiuteranno e velocizzeranno l’entrata in produzione delle piante tartufigene assicurando, una volta raggiunto il periodo produttivo, una buona e costante produzione negli anni di vita della tartufaia stessa.
In genere una tartufaia necessita di pochissime cure colturali durante gli anni, ma alcune di queste sono molto consigliate e possono condizionare ed in alcuni casi determinare l’entrata in produzione (o meno) dell’impianto stesso.
Irrigazione delle piante tartufigene
Irrigare le piante, soprattutto nei primi anni dalla piantagione, è sempre molto consigliato in quasi tutte le condizioni; nei primi anni sono importanti soprattutto le irrigazioni di soccorso (cioè quelle bagnature effettuate nei mesi più caldi e siccitosi, dove non vi sia sufficiente apporto idrico dalle precipitazioni atmosferiche). Se invece delle sole irrigazioni di soccorso può essere possibile fornire alle giovani piante da tartufo annaffiamenti più frequenti, si aiuteranno a svilupparsi nel migliore dei modi accelerando il loro accrescimento e riducendo il periodo improduttivo (cioè quel lasso di tempo iniziale, variabile a seconda di diversi parametri, nel quale l’impianto tartufigeno non produrrà tartufi). In quest’ultimo caso può essere fornita una quantità di acqua a pianta pari a 7-8 litri ogni 8-10 giorni.
L’irrigazione può essere effettuata manualmente o attraverso un impianto di irrigazione realizzato ad hoc; in quest’ultimo caso sono da preferire gli aspersori (particolari irrigatori in grado di irrigare a pioggia una superficie di diversi metri quadrati), anche se nei primi anni dall’impianto o più precisamente durante tutto il periodo iniziale improduttivo può essere utilizzato con successo anche un impianto di irrigazione a goccia.
In qualsiasi caso, l’irrigazione dovrà essere effettuata con acqua di sorgente (o di falda), dato che difficilmente in questi casi potrà contenere eventuali sostanze nocive al tartufo; inoltre avrà una temperatura pressochè costante, evitando sbalzi termici. L’irrigazione, in ogni caso, è preferibile che interessi solamente il terreno e non la chioma delle piante (questo eviterà lo sviluppo di eventuali malattie fungine alle piante da tartufo).
Una volta che l’impianto tartufigeno inizierà a produrre i pregiati tartufi, l’irrigazione aiuterà a mantenere una buona ed abbondante produzione durante gli anni. In questo caso i turni di irrigazione e la quantità di acqua da somministrate ogni volta varierà in base a molti parametri (tipologia di suolo, tipologia di tartufo, clima, etc.).
Pacciamatura delle piante micorrizate
La pacciamatura è una tecnica che consiste nell’utilizzare vari materiali per la copertura del suolo in prossimità delle piante; questo consente di ridurre l’evaporazione dell’umidità del terreno, abbassando al contempo la temperatura del suolo e contrastando lo sviluppo delle erbe infestanti. I materiali utilizzati possono essere molteplici (film plastico pre-forato, tessuto non tessuto, paglia, cartone, brecciolino calcareo, sacchi di juta, lana di scarto, etc.).
La pacciamatura può essere effettuata anche al momento dell’impianto; il materiale pacciamante dovrà interessare una porzione di terreno intorno alle giovani piante da tartufo di almeno 50×50 cm. Il materiale, di qualsiasi natura esso sia, dovrà essere rimosso prima del periodo autunnale per poi essere riposizionato prima del periodo estivo dell’anno successivo.
Sarchiatura del terreno
Le sarchiature sono lavorazioni superficiali del terreno che interessano uno strato di suolo compreso fra i 4-5 cm ed i 12-15 cm. Sull’importanza di queste lavorazioni durante il periodo di vita dell’impianto tartufigeno vi sono diverse linee di pensiero; c’è chi afferma che aiutano lo sviluppo delle piante e la formazione dei tartufi e chi, secondo le proprie teorie, asserisce che addirittura possono danneggiare i pianelli (le aree intorno alla pianta destinate allo sviluppo dei tartufi) e pregiudicare la produzione della tartufaia.
Chi sceglie di effettuare periodiche lavorazioni annuali nella propria tartufaia dovrà effettuare sarchiature più profonde (circa 10-15 cm) nelle interfile e sarchiature più superficiali (circa 4-5 cm) nei pressi delle piante; le prime potranno essere effettuate con attrezzature meccaniche (erpici o estirpatori) mentre le seconde è preferibile siano fatte manualmente. E’ invece sempre sconsigliato l’utilizzo di attrezzi rotativi (ex. frese) che consentono sì una lavorazione degli strati più prossimi alla superficie ma che compattano inesorabilmente quelli sottostanti.
I periodi dell’anno in cui effettuare questo genere di lavorazione dipendono dalla specie di tartufo coltivata, nonchè dall’età della tartufaia (a seconda dall’entrata in produzione o meno dell’impianto).
Sfalcio o taglio delle erbe spontanee
E’ una pratica sempre consigliata e consiste nel taglio delle specie vegetali erbacee mediante varie attrezzature, meccaniche e non. Le attrezzature meccaniche che possono essere utilizzate sono i trincia (che in genere hanno bisogno di una trattrice agricola per essere utilizzati), le falciatrici (che invece possono essere utilizzati anche con i motocoltivatori ma hanno la caratteristica di non triturare l’erba tagliata) o i comuni rasaerba e decespugliatori. Questi ultimi due possono essere elettrici o con motore a scoppio.
Il periodo dell’anno in cui effettuare questa operazione è in genere quello primaverile/estivo, a seconda del clima e dell’andamento stagionale.
Difesa parassitaria e concimazione
Questi interventi sono in genere sconsigliati e non praticati in quasi tutti i casi. La difesa parassitaria può essere necessaria solo in condizioni estreme, in caso di attacchi particolarmente massicci ed in annate particolarmente favorevoli allo sviluppo delle patologie. In questi sporadici casi sarà il tecnico a consigliare il trattamento antiparassitario più adeguato per le piante da tartufo.
Inoculo sporale
Questa tecnica consiste nella distribuzione delle spore (inoculo sporale) della stessa specie di tartufo con la quale sono state micorrizate le piante. L’obiettivo è quello di incrementare la formazione delle micorrize fra i Tuber e le piante della tartufaia, così da favorire la futura formazione dei tartufi (che altro non sono che i corpi fruttiferi del fungo ipogeo che hai instaurato la simbiosi con le piante superiori).
La distribuzione va fatta nella zona in prossimità delle piante interessata dall’apparato radicale delle stesse, prima della sarchiatura; così facendo si favorirà l’interramento delle spore, che potranno venire in contatto con gli apici radicali liberi delle piante da tartufo. La quantità di tartufo da distribuire può variare da alcuni grammi fino a 10 gr per pianta.
L’inoculo sporale può essere preparato sia con tartufo essiccato e macinato (distribuito miscelato con opportune dosi di sabbia o altro inerte) sia con tartufo fresco frullato e miscelato con acqua.
La distribuzione delle spore può essere utile nella prima fase improduttiva dell’impianto tartufigeno o nel caso in cui l’impianto sia entrato in produzione ma vi siano piante scarsamente produttive.
I tartufi da utilizzare per preparare l’inoculo sporale devono essere tartufi di cui si abbia assolutamente la certezza della specie (dovrà ovviamente essere la stessa che si sta coltivando) e possibilmente provenienti da tartufaie locali, così da salvaguardare gli ecotipi presenti in zona.
Potatura delle piante da tartufo
La potatura delle piante tartufigene è un’altra operazione che può essere effettuata nella tartuficoltura; anche in questo caso vi sono diverse linee di pensiero (alcuni la consigliano ed altri no).
La potatura delle piante micorrizate è una tecnica con la quale è possibile regolare il livello di ombreggiamento del suolo, nonchè stimolare l’emissione di nuovi germogli e di nuove radichette. A seconda della tipologia di tartufo, della tipologia di pianta coltivata e dell’ambiente in cui ci troviamo può essere suddivisa in potatura invernale (o secca) e potatura primaverile/estiva (o verde).
Essenzialmente, la tipologia di chioma verso cui è possibile indirizzare la pianta attraverso la potatura, è quella a forma di globo o a forma di cono rovesciato. La prima serve a favorire l’ombreggiamento del terreno per quelle specie di tartufo che lo necessitino, mentre la seconda – al contrario – serve a privilegiare l’insolazione del suolo (il Tuber melanosporum, o tartufo nero pregiato, è per esempio una tipologia di tartufo che si adatta meglio a quest’ultima opzione).
Protezione delle piante micorrizate e della tartufaia
In alcuni casi è opportuno anche prevedere determinate protezioni per le giovani piante da tartufo, per prevenire eventuali danni causati da animali selvatici. Queste protezioni possono essere realizzate artigianalmente attraverso paletti di legno e rete metallica o acquistando specifiche protezioni in plastica (shelter).
In alternativa alla protezione delle singole piante può essere utile realizzare una recinzione lungo tutto il perimetro della tartufaia; questa può servire, oltre a proteggere le piante dalla fauna selvatica, anche a scoraggiare eventuali tartufai una volta che l’impianto avrà iniziato a produrre tartufi. Per quest’ultimo caso sarà necessario realizzare un fondo chiuso, cioè un’area delimitata e tabellata all’interno della quale sarà assolutamente vietato l’accesso (eventuali trasgressori potranno essere puniti a norma di legge). Il fondo per essere classificato come tale, oltre all’acquisizione preventiva di tutti i permessi necessari, dovrà avere anche determinati parametri come la recinzione con rete metallica o muro di altezza di almeno 1,20 metri e opportune tabelle lungo tutto il perimetro, in cui si evinca la presenza di un fondo chiuso ed il relativo divieto di accesso.