Verificata la vocazione della zona di impianto della futura tartufaia, scelte le piante, la tipologia di tartufo e la densità, è necessario procedere all’impianto vero e proprio.
Preparazione del terreno
Prima di parlare della preparazione del terreno vera e propria è utile precisare che le nuove tartufaie hanno più probabilità di successo se effettuate su seminativo, quindi in un terreno con assenza di altre specie arboree. Soprattutto se si parla di superfici boschive, la probabilità di riuscita dell’impianto si abbassano molto. Le cause sono da ricercare nella opprimente competizione di altri funghi antagonisti presenti negli ecosistemi naturali, che possono sostituirsi alle micorrize dei funghi che invece abbiamo tutto l’interesse a mantenere ed a far sviluppare.
Ad ogni modo, se si ha a disposizione un terreno vocato che però presenta arbusti o alberi simbionti sparsi, è possibile il suo recupero per prepararlo ad ospitare la futura tartufaia. In questo caso si dovrà procedere all’estirpazione totale delle piante, così da ridurre o eliminare del tutto la competizione delle specie fungine micorriziche (che ricordiamo sono potenziali concorrenti del tartufo). L’estirpazione dovrà essere seguita da lavorazioni estive del terreno che consentano la rimozione totale dell’apparato radicale delle piante eliminate. E’ comunque sempre consigliato destinare queste tipologie di terreno ad altre coltivazioni erbacee (o al limite anche a lasciarli incolti) per almeno uno o due anni prima di procedere all’impianto della tartufaia; questa procedura è consigliata anche nel caso in cui il terreno sia stato destinato precedentemente a colture (anche erbacee) che abbiano avuto bisogno di fertilizzazioni o dell’utilizzo di pesticidi in genere.
Appurato e messo in atto quanto sopra possiamo procedere alle lavorazioni che prepareranno il terreno per la messa a dimora delle piante micorrizate da tartufo.
Lavorazione profonda o scasso
Se possibile e soprattutto se si ha a disposizione terreni non molto permeabili o difficili, è consigliata una lavorazione profonda del terreno (scasso) alla profondità di 90-100 cm. Questo genere di lavorazione può essere eseguita con un ripper, un organo che ha la facoltà di lavorare in profondità senza rimescolare i diversi strati (orizzonti) che compongono il terreno. E’ un genere di lavorazione che viene eseguita da trattrici nel periodo estivo, quando sarà possibile trovare un basso grado di umidità anche negli strati più profondi del nostro terreno.
Purtroppo ci sono tipologie di terreno che non consentono questo genere di lavorazione o che invece possono essere lavorate in maniera più superficiale lasciando alle radici il compito di colonizzare gli strati più duri (non lavorati) del terreno stesso.
Aratura superficiale
Questo genere di lavorazione si esegue con aratri che abbiano la possibilità di arrivare a profondità di circa 20-30 cm. In genere segue la rippatura o, nel caso di suoli particolarmente soffici e permeabili, può essere anche l’unica lavorazione necessaria per la preparazione del terreno della futura tartufaia. In base alla tipologia di terreno, alla sua orografia ed alle necessità di coltivazione questa lavorazione può essere effettuata a colmare, a scolmare o alla pari.
Altre tipologie di lavorazione del terreno
In base alle caratteristiche pedologiche ed alla conformazione del territorio possono essere eseguite altre tipologie di lavorazione e preparazione del terreno differenti da quelle elencate sopra, che non riguardano l’intera superficie ma solamente quella parte dove andranno ad essere piantate le specie vegetali micorrizate.
Queste sono essenzialmente due: la lavorazione a strisce e l’impianto a buche.
Nel primo caso si procederà a lavorare, in profondità o più superficialmente, solamente la parte di terreno che ospiterà le piante; questa striscia dovrà essere avere una larghezza di almeno 100 cm.
Nel secondo caso invece verranno aperte delle buche della larghezza e profondità minime di 80 cm, dove verranno messe a dimora le piante micorrizate.
Affinamento del terreno ed eventuale spietramento
Successivamente alle lavorazioni del terreno e comunque prima della messa a dimora delle piante, è necessario un affinamento del terreno (al fine di amminutire le zolle formatesi con le lavorazioni precedenti) e un’eventuale spietramento. La prima operazione si esegue con erpici di vario tipo (a dischi, a denti, rotanti, etc.) mentre la seconda operazione si rende necessaria solamente nei casi in cui vi siano pietre di grosse dimensioni che possano rendere difficili le successive cure colturali della tartufaia.
Correzione del suolo
In quei terreni dove vi siano squilibri che possono compromettere la buona riuscita dell’impianto tartufigeno è buona norma procedere alla correzione di tali valori, distribuendo sul terreno e successivamente interrando gli elementi di cui si ha necessità. Nella maggior parte dei casi questa operazione si riduce al solo apporto di carbonati, in quei terreni che ne hanno carenza e che sono caratterizzati da una reazione (pH) inferiore alle esigenze del tartufo da coltivare. In questo caso si può procedere apportando una giusta dose di carbonato di calcio (che dovrà essere determinata dal tecnico in base a diversi parametri).
Concimazione e diserbo chimico
La fertilizzazione del terreno e l’eventuale diserbo chimico per limitare od eliminare del tutto la nascita di eventuali erbe infestanti non sono operazioni consigliate per l’impianto di una tartufaia. Difatti con questo genere di coltivazione si intende promuovere una coltura assolutamente ecologica e naturale, capace di migliorare gli ecosistemi e gli ambienti in cui viviamo.
Squadro del terreno
Prima di procedere all’impianto vero e proprio è necessario picchettare i punti precisi dove andranno trapiantate le piante da tartufo. Quest’ultime dovranno risultare perfettamente in linea fra di loro e le file dovranno essere in squadro con la particella del terreno oggetto di impianto.
Una volta stabiliti e contrassegnati i punti di trapianto, possiamo procedere alla messa a dimora delle giovani piante da tartufo che comporranno la nostra tartufaia coltivata.
Messa a dimora delle piante micorrizate
Le piante tartufigene acquistate dal vivaio specializzato (ed accompagnate dalla certificazione di avvenuta micorrizazione) possono adesso essere messe a dimora. Queste devono essere di uno o al massimo di due anni di età, in buona salute e ben sviluppate. L’utilizzo di piante da tartufo di qualità è il primo passo per la riuscita dell’impianto!
Quest’ultima fase dell’impianto prevede innanzitutto l’apertura di buche poco più ampie della dimensione del vasetto (si da per scontato che si lavori su terreno correttamente preparato, lavorato ed affinato), dove andranno adagiate le giovani piante. Si procede quindi all’estrazione della pianta dal proprio vasetto (nel caso il vivaio abbia utilizzato le fitocelle sarà sufficiente procedere al taglio del foglio di plastica che avvolge l’apparato radicale della pianta), facendo attenzione a mantenere intatto il pane di terra. Successivamente procederemo al taglio delle radici eventualmente uscite dal contenitore ed al posizionamento della pianta nella buca. Quest’ultima dovrà essere riempita con terra fine ed asciutta, in maniera tale che il pane di terra aderisca bene al terreno circostante; per fare ciò è buona prassi procedere anche ad una leggera pressatura.
Successivamente al trapianto sarà necessario irrigare le giovani piantine con acqua di sorgente, perchè il terreno possa aderire bene al pane di terra.